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HERA

  • cuerpomu
  • 6 dic 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 3 gen

Sovrana, patrona, regnante del suo tempio, olimpionica.


Una Nuova Era , Una vecchia Era, un Era al confine.

Non possiamo che crederci, che ci saremo, che ci siamo stati o per lo

meno che ci siamo adesso, in quello che è la nostra realtà, il tempo, il

corpo e l’ambiente, i tre grandi colossi dell’esistenza.

Hera Dea e sovrana ci ricorda che c’è un grande ventaglio di punti di

vista, ed uno di questi è l’alto.

Possiamo volgere gli occhi all’alto, lontani da noi e da ogni cosa, per

vederne la cima, della nostra coscienza, fin dove ricusiamo a sporgerci,

per vedere che possiamo spostarci oltre.

Il miracolo delle era è il movimento, le ere danzano sovrane.

Dove siamo, in cosa ci stiamo muovendo chi è questa Hera?

Conosciamo i codici e i linguaggi di questa era, come ci percepiamo in

lei?

Quali sono le circostanze in cui ci accorgiamo che esiste una forza

dell’alto, che muove tutte le cose, che stiamo determinando e che ci

determinano?

Osservarsi dalla cima è avere un altare, ci porta a guardare ogni cosa

attraverso un estensione di noi stessi.

Fa bene sollevare il capo e sostenere le proprie stelle di tanto in

tanto.

Flettersi ed ergersi in una cultura mobile, in cui possiamo percepire

perfettamente una moltitudini di realtà coesistere, con una spinta

maggiore verso direzioni che andrebbero attenzione a mio avviso.

Cosa stiamo percependo di questo movimento massivo che spinto o

spingente, muove l’era verso ciò che la definisce?

Personalmente percepisco la mia realtà come fattore di rottura dentro i

processi di colonizzazione del corpo e dello spazio, appassionato cammino

di ricostruzione, di urgenza all’osservazione e riformulazione dei

paradigmi, sia dello stare che del muovere.

Politicamente scorretta a volte, per far fronte ad una dinamica

collettiva spesso mortificante, se pensiamo ad esempio alla condizione

autorizzata di una guerra e la perdita assoluta della civiltà umana e

dei suoi valori base.


Le circostanze della Nuova Vecchia Era, sono mutevoli e sfuggevoli a

volte, tanto da chiederci di costruire radici salde o ancore,

riferimenti, punti di snodo, un posto in cui la nostra colonna possa

riposare.

Allo stesso tempo è richiesta una grande flessibilità della colonna/

corpo/persona, liquidità nascente sempre più mutante e mutevole,

indefinita.


Non tanto resilienza o resistenza, quanto Sovranità.

E la sovranità è elemento orizzontale e verticale, è una perpendicolare

che oscilla tra noi e [l]altro.

Ci ricordiamo mai di cosa siamo veramente sovrani e di cosa no?

Padroneggiare le nostre esistenze è una cosa che sfugge al controllo,

almeno una volta nella vita, ci sono cadute di varia natura, la caduta è

un movimento che ha in se una risalita, così osservo Hera con questo

sguardo attento al suo movimento oscillatorio, alla sua velocità, alla

luce al suono che genera.

Osservo questa Hera anche per gli abiti che indossa e le maschere che

sfoggia, la sua fragilità ben imballata e le impalcature troppo fragili a

volte per sostenere il lavoro necessario alla ricostruzione, al transito.

La osservo mentre gesta il nuovo umano, mentre si fa condizione

periferica per fare spazio al centro delle cose, o mentre ripete

all’infinito i codici morenti, la vedo che si scuote come ramo carico di

frutti, che dissemina, semina, perde e realizza grandi e piccole opere.

Questa Era vuole spogliarsi, cerca di scoprirsi, scoprire, rivelare a

costo di feroci banalità.

E questa mia “Hera” perde la rigidità e la solitudine della frustrazione

al potere e guadagna l’alleanza, mostra le ferite e cura, risignificando

le geometrie esistenti e creandone di nuove, fa nascere nuovi organi, e

sfida o integra la morte.

 
 
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